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LA VOCE NARRANTE

 

Come già detto la narrazione sarà affidata ad una voce femminile fuori campo che interpreterà Venezia in prima persona che racconta della propria storia e dei propri dolori, come fosse una madre che parla della sua vita e dei suoi figli.
Quello che segue è il testo, attualmente in fase di scrittura e perfezionamento:

 

Sono nata il 25 marzo del 421.

gli uomini e le donne coraggiosi e visionari che mi diedero la vita capirono subito che sarei diventata bellissima e speciale, ma intuirono anche che sarei sempre stata delicata e fragile, per questo ebbero costantemente mille attenzioni e cure nei miei confronti, difendendomi e proteggendomi come il bene più prezioso al mondo.

I miei genitori, che poi col tempo divennero i miei figli diletti, capirono che il mio primo nemico era il mare e fecero di tutto per renderselo amico e alleato. Capirono che la mia casa naturale, la laguna, andava compresa, studiata, protetta: così, cominciarono a deviare fiumi, costruire argini e protezioni e stabilirono leggi severissime contro chi avesse mancato di rispetto all’acqua, allo stesso modo in cui si sarebbe agito contro coloro che avessero attentato alle sacre mura di una città.

Studiarono i sistemi migliori per rinforzare le mie fondamenta, e per difenderle dall’incessante scorrere delle maree impararono come allargare, restringere o scavare i canali, armonizzando al meglio la pressione liquida dell’elemento che mi è più congeniale: l’acqua.

Finché, quando divenni sufficientemente matura, decisero che il mio sposo doveva essere proprio lui, il mio antico nemico, il mare. Da allora la mia storia si legò indissolubilmente al mare e il mare mi fece crescere fino a diventare la Regina, la più bella, la più ricca, la più temuta.

Impararono a costruire le navi più belle e capienti per il commercio, le più veloci e potenti per la guerra, e con esse andarono alla ricerca delle merci più preziose e rare fino ai confini del mondo. Un mio figlio si spinse fino all’Oriente più estremo, animato dalla voglia di conoscere, e dopo diciassette anni tornò da me con un Milione di racconti negli occhi.

I miei figli diventavano sempre più numerosi, nutrivano un amore e un rispetto verso di me quasi commovente, non facevano altro che abbellirmi, omaggiarmi, proteggermi, anche nei periodi più tristi e difficili della mia esistenza, quando mi ammalai di malattie orribili. Soprattutto in quelle occasioni la generosità e l’amore dei miei figli mi diedero la forza di resistere e lottare, e quando ogni volta fui guarita le feste e gli onori che mi tributarono furono incredibili, al punto che ancora oggi, di anno in anno, si festeggia.

Nacque così un legame tra me e loro che non ha eguale in nessun altro luogo del mondo. So per certo di alcuni miei figli lontani che si commuovono fino alle lacrime quando ritornano a farmi visita o capita loro di vedere una mia immagine.

Vi racconto tutto questo perché ormai sono vecchia, molto vecchia e sempre più fragile e debole, e avrei bisogno ora, come non mai nella mia storia, di aiuto e protezione, ma purtroppo i miei figli non mi aiutano più come un tempo. Io so che loro sanno bene quali sono i miei punti deboli, cosa mi fa bene e cosa mi fa male, di cosa avrei bisogno per sentirmi viva e cosa invece mi distrugge, mi porta via l’anima. Ormai troppa gente viene da fuori, con sentimenti spesso aridi e irrispettosi; gente che vuole solo che mi metta in posa per una fotografia ma conosce a malapena il mio nome, figuriamoci la mia storia.

I miei figli non costruiscono più le navi più belle e non partono più alla ricerca di ricchezze e di commerci; si accontentano di farle entrare, navi grandi e brutte, troppo grandi e troppo brutte in confronto con la mia bellezza delicata. Per le mie vie non prospera più come un tempo il commercio raffinato di sete, spezie, gemme preziose; i negozi non si riempiono più di merci ricercate e rare, ma si affastellano sugli scaffali e lungo le strade – sì, anche le strade – articoli scadenti offerti troppo spesso da mercanti avidi e volgari. Appare perduto per sempre ogni barlume di umanità, non si riconosce più il senso delle cose, dal senso della misura a quello del ridicolo. Vedo genti che si arrabattano ogni giorno nel bieco e desolante tentativo di sopravvivere a scapito di altre genti. Li posso vedere ogni giorno, ogni momento, questi nuovi barbari – peggiori di quelli che costrinsero i loro progenitori a rifugiarsi in questa bellissima laguna – seduti sui loro scranni del potere, bruciare le loro giornate alla ricerca del profitto facile, arraffando tutto ciò che sia possibile dovunque sia possibile, gabbando senza alcuna distinzione poveri e ricchi, sciocchi e intelligenti, fini ricercatori del sublime e turisti per caso. In questo sono veramente senza pregiudizi.

Sono vecchia e debole, ma devo sopportare l’assalto più grande e barbaro di tutta la mia storia. Sono una vecchia Regina, ancora bellissima malgrado l’età, ma vengo trattata come una puttana, come una serva, senza alcun rispetto da gente becera e ignorante.

Sto male, sto molto male, temo seriamente, per la prima volta nella mia vita, di non farcela. Amo ancora i miei diletti figli ma vedo crescere in molti, troppi di loro, il germe della corruzione, dell’avidità, dell’irriconoscenza. Vedo che non sanno, o non vogliono, e questa forse è la cosa che mi addolora di più, difendermi dagli attacchi del mondo come avveniva un tempo, quando io ero veramente la loro Mamma, da amare e rispettare e non solo una vacca, da mungere e sfruttare.

Dove sono finiti gli abitanti di questa città? Gli abitanti veri, quelli che – senza distinguere fra l’esservi o non esservi nati – mi fecero grande nel mondo, contribuendo (quasi sempre di tasca propria) a far sì che la loro Madre, la loro Regina venisse citata sempre a esempio di ricchezza, di virtù, di libertà e di giustizia? Dove sono, i miei figli?

Io vorrei ancora proteggerli e nutrirli, ma forze contrarie e maligne me lo stanno impedendo; un giorno, quando sarò solo un mucchio di cenere e rimarrà di mes olo il ricordo, piangeranno sicuramente lacrime false.

Su quelle forze e sui loro portavoce io pronuncio la mia condanna e resisto nel mio angolo di laguna coi pochi discendenti dei miei antichi padri e delle mie antiche madri che ancora mi amano e mi rispettano; che ancora si commuovono anche solo a sentir pronunciare il mio nome: Venezia.

 

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